2012 – Maurizio LANDINI, FIOM a Grosseto

Maurizio LANDINI Segr. Gen. FIOM
a GROSSETO

“Per amor dei nostri figli. Lavoro e diritti nell’era globale”
Aula Magna Polo Universitario – 7 febbraio 2012
Affollata l’Aula Magna del Polo Universitario di Grosseto per la partecipazione di Maurizio Landini, Segretario Generale FIOM a un dibattito sul tema “Per amor dei nostri figli, lavoro e diritti nell’era globale” organizzato dalla locale sede universitaria.
Landini, nel suo intervento ha toccato i temi scottanti del lavoro e dei diritti nel contesto attuale fortemente dominato più dalla finanza che dalla politica. Se ci sono diritti e lavoro – ha esordito – è perché qualcuno si è impegnato per ottenerli. Nessuno ha mai regalato nulla, le leggi sul lavoro così come i processi democratici sono frutto di tante battaglie dei lavoratori. Conquiste di fondo della fase storica di unità sindacale quali lo Statuto dei lavoratori, il contratto nazionale, pensioni che oggi sono attaccate e fortemente messe in discussione e indicati come i responsabili della crisi in atto. La parola crisi non rende idea di cosa essa è. Si pensa che una volta passata tutto ritorni come prima ma non è così. E’ andato in crisi un sistema di fondo. Oggi non si valorizza più il lavoro e la stessa parola lavoro ha perso significato, ruolo, valore e centralità in favore del mercato, più o meno come nei modelli anglosassone e americano. In Italia si era adottato un sistema di mediazione tra lavoro e mercato che poneva vincoli sociali, compromesso utile anche alle imprese.
Questa nuova situazione, determinata da una politica che ha lasciato il campo al potere della finanza, ha creato una diseguaglianza sociale senza precedenti. La stessa democrazia in Italia e in Europa possono considerarsi a rischio proprio dal potere che è in mano alla finanza e alle multinazionali e non più controllate e guidate dalla politica. La finanza distrugge il lavoro, spetta alla politica tornare a determinare le regole per riportare le regole che abbiano al centro di nuovo il lavoro come strumento per realizzarsi.
Oggi purtroppo è la Fiat che rischia di ridisegnare il nostro paese attuando un nuovo sistema autonomo di produzione quando invece dovremmo pensare nuove strategie, non più auto, bus ecc. ma un nuovo modello sociale di sviluppo che guardi non solo al profitto ma alla sostenibilità ambientale e sociale. Per far questo c’è bisogno di un forte intervento pubblico mentre stiamo andando in senso contrario con una forte concentrazione del potere privato. Oggi sono le banche, la Bce a determinare le scelte e anche i contratti nazionali. Il governo Berlusconi con l’Art. 8 (non abrogato dal nuovo governo Monti) ha  permesso alla Fiat di mettere in atto contratti di lavoro derogando dalle leggi e quando si concede questo alla più grande azienda di produzione italiana, senza contratto nazionale, si crea un nuovo sistema di relazioni sindacali e si instaura un punto di fondo che viene poi seguito da tutte le aziende. In Germania alla Fiat al tempo dell’assalto Opel un’operazione simile fu negata per l’opposizione della Merkel e del sindacato tedesco.
Pomigliano ci veniva presentato come un fatto straordinario, del tutto eccezionale, l’unica soluzione possibile per mantenere l’occupazione in un luogo fortemente condizionato dalla malavita. Noi della Fiom dicevano NO vedendolo come un punto che tendeva a cambiare l’esistenza del diritto del lavoro. Tante lavoratrici e lavoratori disperati sotto ricatto e abbandonati dalla politica ci dicevano “noi non possiamo votare NO, ma voi mi raccomando non firmate” …. Da allora ad oggi siamo di fronte a passaggi che vedono mettere in discussine l’articolo 18 è tutto il sistema di diritti sociali conquistati.
Dobbiamo affrontate le cause che hanno determinato la crisi e il debito accumulato negli ultimi venti – trenta anni, che vanno individuate nel forte aumento del potere della finanza e nell’aumento delle diseguaglianze sociali, mentre invece andrebbe ridistribuita la ricchezza. Poi c’è la novità delle delocalizzazioni. In Europa tanti lavoratori accettano tutto e a condizioni peggiori delle nostre con il solo scopo di lavorare. Questo perché si è costituita non un’Europa sociale ma un’Europa economica finanziaria. La Fiat prende contributi europei per investire in Serbia (diecimila euro a lavoratore).
Dobbiamo ragionare su che tipo di qualità sociale e politica vogliamo costruire. La precarietà è un aspetto del modello creato non solo dal centro destra ma anche dal centro sinistra, iniziato negli anni ’90 con Treu, la flessibilità e poi tutta una serie di leggi che hanno prodotto una frantumazione del progetto produttivo. Il lavoro oggi, o ha diritti o non è lavoro. Occorre un cambiamento, una riforma anche nel sindacato, a fronte del forte calo di iscritti.
Negli anni ’70 la Fim, sindacato unitario aveva molti più iscritti delle confederazioni oggi e questo in presenza di un aumento del lavoro salariato.
Occorre vera democrazia nel sindacato, che siano i lavoratori a decidere, non che come succede adesso che il sindacato fa il contratto poi lo spiega ai lavoratori e se questi non lo accettano viene accusato loro di non averlo capito.
Alla Fiat viene data la facoltà di scegliere chi deve essere rappresentativo e nei nuovi assunti non c’è un iscritto alla Fiom. Dal primo gennaio 2012 la Fiat non riconosce più la Fiom, l’azienda ci ha tolto la stanza e la bacheca, non riconosce lo sciopero ai nostri iscritti e lo considera assenza ingiustificata. Questo è un atto contro la libertà dei lavoratori. Questo non può essere accettato, si può pensarla di destra o di sinistra nel modo di affrontare la crisi e sul come risolverla ma i valori fondanti devono tornare i diritti.
Prima in una fabbrica esisteva un unico contratto per tutti, oggi assistiamo ad una frantumazione, poi con appalto, sub appalto è difficile tenere assieme tutti i lavoratori, mentre per l’impresa è facile tenere il controllo di tutto il processo. Oggi ci sono circa 400 tipologie di contratti nazionali quando ne potrebbero bastare quattro o cinque ed estendere il sistema di ammortizzatori sociali.
In Italia siamo ad un livello di corruzione altissimo che favorisce illegalità sul lavoro con interi pezzi di economia reale in mano all’illegalità. Senza un nuovo intervento pubblico nell’economia non si determina un nuovo modello sociale di sviluppo con il lavoro che diventa un interesse generale.
Altro problema la crisi dei partiti, non c’è oggi rappresentanza di chi lavora e questo rischia di sfociare in un sistema autoritario. E’ quindi decisivo favorire partecipazione, democrazia e ricambio. Negli anni ’90 l’accordo tra governo e sindacati, prometteva occupazione in cambio di una moderazione dell’aumento dei salari non superiore all’inflazione. Dopo venti anni assistiamo al massimo aumento dei profitti a scapito dei salari e con un tasso di disoccupazione che non ha eguali.
In Germania c’è stata maggior tutela del lavoro e con la riduzione degli orari di lavoro hanno mantenuto livelli di disoccupazione più bassa. Il sindacato deve portare avanti un proprio punto di vista autonomo di diritti, condizioni di lavoro e scelta di produzione. Qui siamo in oggettivo ritardo con forti contraddizioni nel sindacato, c’è bisogno di lavorare su questo per un’evoluzione del modello sociale che ponga il lavoro come vincolo.
Costruire un’Europa sociale e qui si sconta la crisi non solo della sinistra storica italiana ma anche delle socialdemocrazie europee. La Fiom è stato l’unico sindacato che ha scioperato contro la guerra in Libia.
Per ridurre il potere della finanza c’è quindi bisogno della politica. Il debito lo stiamo pagando noi lavoratori, con l’attacco alle pensioni e con la grande evasione fiscale. Riducendo l’evasione in una ventina di anni salderemmo il debito pubblico.
Non penso che l’articolo 18 tolga investimenti anzi voglio dire che questa è proprio una sciocchezza. Una battuta infelice e direi anche offensiva. Chi ce l’ha il posto fisso? A Termini Imerese? All’Alcoa? C’è un lavoro a tempo indeterminato e la differenza non è sul posto fisso o no, ma su chi ha diritti e chi non li ha.
Lavoro e diritti. Non mi sono piaciute alcune uscite degli ultimi giorni di alcuni segretari sindacali. Spero fortemente che la CGIL non si arrenda.
Non si può scaricare sui 5.000 lavoratori di Pomigliano la scelta della Fiat se restare o meno in Italia.  La politica dov’è ?
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