2021 – Boccheggiano (GR)

BOCCHEGGIANO
frazione di Montieri (GR) giugno 2021
Boccheggiano si trova a 664 metri s.l.m. sulla sommità di un poggio nel cuore delle Colline Metallifere grossetane. Tracce storiche ne attestano l’esistenza al XIII secolo quando la famiglia Salimbeni vi costruì una cinta muraria con le due porte di accesso fortificate. Mentre della Porta di Villa non rimane traccia, sono ancora conservati i ruderi della Porta della Torricella. Al periodo medievale risalgono anche le due chiese di San Sebastiano e San Bartolomeo, quest’ultima ristrutturata durante il XIX secolo. La famiglia dei Salimbeni cedette alla Repubblica senese intorno al 1350. Nel 1444 fu definitivamente occupato da Siena ed a questo periodo risale la distruzione del cassero. Nel 1608 il Granduca Ferdinando I lo riunì al Marchesato di Montieri, donandolo ai Capizzucchi di Roma. Dichiarato feudo da Ferdinando VI, fu accordato nel 1621 col titolo di Marchesato ad Antonio Salviati, nobile fiorentino, e alla stessa famiglia rimase fino al 1749, quando entrò in vigore la legge sull’abolizione dei feudi granducali. Con i Lorena si registrò un incremento demografico, che provocò mutamenti nella topografia insediativa, con la nascita di sobborghi esterni all’antico perimetro, anche se le modifiche più consistenti si sono avute in questo secolo, in relazione allo sviluppo dell’attività mineraria. Boccheggiano è stata la località che nel territorio comunale di Montieri ha avuto più a lungo la vocazione mineraria con diversi pozzi. Dal Medioevo, ai secoli successivi fino al novecento quando iniziò l’estrazione della pirite (fondamentale per l’industria chimica per la produzione di acido solforico). L’ultima miniera attiva è stata quella di Campiano, chiusa definitivamente nel 1994. Boccheggiano e i siti minerari sono compresi nel Geoparco delle Colline Metallifere, Tuscan mining Geopark, nella rete UNESCO dei Geoparchi. (da Wikipedia)

Nella miniera del Baciolo ha lavorato il mio povero babbo Sestilio fino al 1955, quando, rimasto sotto una frana dalla schiena in giù per per più di sedici ore, riportò fortunatamente solo un’invalidità del 70% che lo rese inidoneo a proseguire il lavoro in miniera. Conservo ancora oggi il suo caldaino celeste e la lampada acetilene da lui utilizzati.
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